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Fotografia pubblicitaria

Digital art e retorica visiva: Personificazione

By 26 Novembre 2017 Marzo 12th, 2019 No Comments

Dopo aver illustrato la metafora e l’iperbole, oggi vorrei dedicare questo approfondimento sulla semantica nell’advertising parlando di un’altra figura retorica: la personificazione.

La personificazione è quella figura retorica attraverso la quale attribuiamo caratteristiche umane, di persone, appunto, a qualcosa che umano non è.

Nell’articolo di introduzione alla retorica visiva dicevo già che questo tipo di figura retorica risulta essere utilissimo per convincere i bambini, ma c’è da dire che è una tecnica efficace universalmente e che anzi, secondo me, è di quelle che lasciano di più il segno. Mi spiego meglio: quando fai in modo che il tuo prodotto, oltre a essere una cosa, sia un personaggio, questo resta impresso più a lungo nella mente di chi lo conosce.

Prima di vedere esempi di personificazione in pubblicità, provo a specificare meglio di che stiamo parlando: se dico “il cielo piange” per dire che sta piovendo, sto attribuendo al cielo un’azione tipicamente umana che è affine e facilmente collegabile alla pioggia; se dico “Napoli si è fatta bella per l’occasione” sto usando una personificazione per dire che, in vista di una particolare occasione, la città mi appare più bella: stiamo bene attenti, dire questo è diverso dal dire “Napoli in questi anni si è fatta più bella”, perché in questo caso non sto attribuendo caratteristiche personali alla mia città ma solo riscontrando un suo miglioramento avvenuto con il passare del tempo.

Se vogliamo usare la personificazione nelle nostre immagini, dobbiamo sapere che oltre ai due esempi precedenti in cui ho dato caratteristiche umane a oggetti inanimati, possiamo fare la stessa cosa anche con delle entità astratte.

Quando Pablo Neruda scrive: “Voglio fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi”, oltre a usare una metafora e una reticenza (non dice ciò a cui allude ma lo lascia intendere), sta anche personificando la primavera perché allude al suo far fiorire i ciliegi come si trattasse di un atto d’amore intenzionale di un amante con un oggetto amato.

Credo ormai sia chiaro di che stiamo parlando, quindi proviamo a capire come possiamo applicare lo stesso discorso alla pubblicità o anche ai vostri artwork.

Già all’inizio dell’articolo dicevo che è una tecnica molto efficace sia con bambini sia con gli adulti, perché crea simpatia nel prodotto che, per altro, resta più facilmente impresso.

Facciamo qualche esempio.

Esempio n°1

credo che in questo caso stiamo parlando di una delle personificazioni più famose del mondo della pubblicità. La fotografia mostra soltanto il prodotto, in primo piano, e oltre al marchio c’è il noto slogan che, per altro, contiene la personificazione espressa nella foto. “La scarpa che respira”, infatti, non è soltanto una personificazione espressa con il noto motto ma pure la fotografia rende perfettamente l’idea di quello di cui parliamo. Abbiamo una fotografia still life della scarpa, riprodotta dal basso verso l’alto per mostrare il modo in cui essa può effettivamente traspirare. Anche questa “respirazione” è mostrata, in maniera chiaramente esagerata per evidenziare il meccanismo.

Proviamo con un’altra pubblicità.

Esempio n°2

 

Chiaramente, si tratta di due esempi diversi ma praticamente uguali e che fanno parte della stessa campagna pubblicitaria. La particolarità di questi esempi è, innanzitutto, che la personificazione non è operata sul prodotto ma su un altro oggetto. Sono i due capi di abbigliamento trattati con le due linee specifiche di quello stesso detersivo a subire lo slittamento semantico.

Il prodotto, il detersivo, non è il centro del messaggio comunicativo ma anzi, in questa fotografia still life, è più importante lo sfondo. Esso è costituito da quelli che probabilmente sono dei vestiti, ma che sono sistemati e piegati in modo tale da assumere le fattezze di volti: sono quei capi, di cui è stata personificata da un lato la freschezza e dall’altro l’intensità del colore nero, a dirci quello che la foto (e la pubblicità, chiaramente) vogliono trasmetterci.

Concludo ribadendo ancora che è importante avere la consapevolezza delle potenzialità degli strumenti che abbiamo: anche la personificazione, come figura retorica, è utilizzabile tra gli strumenti semantici che abbiamo a disposizione.